Addio, Miura sensei.
Miura ha creato un manga che potrebbe essere trasformato in libro senza problemi, grazie alla bellezza e complessità dei suoi personaggi, dell’ambientazione (fortemente ispirata dall’Europa medievale) e della filosofia di cui è ricca. Il manga di Miura è violento, è la prima cosa che si impara guardano le sue tavole, ma se si ha la volontà di andare avanti con la lettura, si vivrà una storia fatta soprattutto di legami intensi, di amore e amicizia, di tradimento, ambizione e vendetta, tutto condito da un mondo fantasy in cui c’è posto per riflessioni sulla crudeltà della religione quando diventa fanatismo, e quanto il male possa essere affascinante se ammantato di luce. Senza dimenticare il lato grafico che, se risulta ancora immaturo nelle prime tavole, diventa raffinato, dettagliato e complesso nel tempo. Ogni tavola è un piccolo capolavoro: ancora ricordo con amore e devozione quella di un drago arroccato su una torre, tanto per dirne una, ma i primi piani di Gatsu sono altrettanto belli ed espressivi, al punto da non aver bisogno di didascalie per mostrare i sentimenti del guerriero nero.
È probabile che i collaboratori del sensei Miura porteranno avanti il suo capolavoro, nel caso sappiano come procedere con la trama, e sono sicura che nemmeno vedremo la differenza tra il loro stile e quello di Miura. Ma l’amarezza permeerà tutta l’opera ora, perché ogni tavola, ogni atto, ogni pagina che potremo leggere (se questo avverà) ci griderà l’assenza del suo creatore.
Il 6 maggio 2021, e oggi per il resto del mondo, è finita un’era.
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